(Non) tornare


Tornare a casa è stato bello, essere abbracciata dalla mia famiglia, dal mio ragazzo e dai miei amici. Tornare a mangiare cibo italiano. Tornare a respirare gli odori di sempre. Tornare a guardare le mie montagne e camminare con il mio cane.
Nonostante ciò, il ritorno mi risulta più difficile della partenza (e non solo per tutto quello che devo recuperare a scuola). Tutto quello che faccio lo vivo in modo diverso dalla mia partenza.
Quando sono partita non sapevo cosa aspettarmi, ero ingenua, ma nonostante ciò avevo una grande motivazione e, come mio papà direbbe in un dialetto che spesso mi rispecchia meglio di un italiano ricercato, sono stata grintosa.
Là ero travolta dalla voglia di visitare mille posti nuovi, assaggiare nuovi cibi, imparare una nuova  lingua che qui ovviamente non ho.  Con questo non voglio sminuire tutto ciò che faccio qui bensì spero che questa mia energia non mi abbandoni, perché mi sono resa conto di quanti posti stupendi si trovano vicini al luogo in cui sono nata ma ancora non conosco.
Stando così tanto lontana da casa ho imparato anche ad apprezzare il luogo in cui vivo (ma quanto sono belle le nostre montagne?). Do importanza a cose e gesti che prima nemmeno consideravo.
Stabilire dei rapporti forti come quelli che ho costruito qui in Italia in 17 anni non è stato facile in sei mesi e l'affetto delle persone con cui sono cresciuta mi è mancato.
Le persone non le trovo cambiate da agosto. Mi sento cambiata io, ed è cambiato il mio approccio con loro. Mi accorgo di quanti se ne sono andati e di quanti invece sono restati . Sento il bisogno in alcuni momenti di stare da sola. Sento di non poter essere capita.
Molte cose non me le ha insegnate direttamente la Germania, ma il fatto stesso di essermi confrontata con il "diverso". È stata una possibilità che ha cambiato il mio modo di essere. Come ogni exchange student ammetto di essere cresciuta e aver imparato molto, ma non solo. Stando all'estero, in un paese completamente nuovo sono tornata una bambina. Come una neonata ho dovuto imparare a parlare, a ordinare al ristorante, a rispondere al telefono o al citofono.
Non potrò mai dire di aver perso sei mesi in Italia, perché quelli che ho vissuto ne valgono molti di più, nonostante le difficoltà.
Sono diversa. La domanda che continuo a farmi è: sto davvero  tornando nella mia vecchia vita? O meglio, è possibile? Io credo che il confrontarsi con qualcosa d'altro instauri in noi un processo di cambiamento irreversibile e infinito.
Cambiare non va interpretato come distruggere o disprezzare ciò che si era, ma impegnarsi per essere migliori e spesso anche più felici.

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